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mardi, 28 mars 2017 00:00

Jean Thierry (Ebogo) di Gesù Bambino e della Passione

Nacque il 4 febbraio 1982 e ha percorso il Camerun da un capo all’altro, dietro a papà, che per motivi di lavoro deve cambiare residenza ogni due o tre anni.

Compagna inseparabile nei suoi spostamenti è sempre la vocazione sacerdotale, che i genitori non ostacolano e che direzioni spirituali illuminate contribuiscono a rafforzare. A 11 anni, quando entra in seminario, già sono ben delineati in lui i tratti fondamentali della sua fisionomia spirituale: carattere deciso, intelligenza viva, tendenzialmente irritabile ma pronto a scusarsi, insofferente di ogni ingiustizia, innamorato della preghiera, naturalmente portato alla meditazione.

Dopo le medie sceglie lo scientifico, che pensa lo possa preparare meglio ad aiutare la sua gente in campo sociale, anche nel suo futuro da prete, che continua ad essere l’orizzonte verso il quale cammina. “Voglio essere sacerdote e voglio arrivare puro al sacerdozio”, dice, più che mai geloso della sua vocazione, anche se attorniato e corteggiato da molte ragazze, che lo ribattezzano “Jean Cheri” per la sua affabilità, la sua gioia e la sua prorompente vitalità, espressa anche sui campi di pallavolo, di basket e sulle piste di atletica, dove il ragazzo caparbio e volitivo da il meglio di sé, almeno quanto nello studio e nei piccoli lavori con cui cerca di aiutare i genitori a far quadrare il bilancio familiare.

La maturità liceale sembra portare luce anche al suo cammino vocazionale: a settembre 2001 entra nel noviziato degli Oblati di Maria Immacolata, da cui otto mesi dopo viene dimesso perché la sua vocazione “non presenta le caratteristiche del carisma oblato”. È un’autentica doccia fredda per lui e per quanti hanno sponsorizzato la sua vocazione. Pur dicendo a se stesso di non “doverne fare un dramma perché ufficialmente non mi si rimprovera niente”, Jean sente tutto il peso di questo rifiuto, del suo ritorno in famiglia, della ricerca di un lavoro reso più difficile dall’ironia e dallo scherno di alcuni colleghi. Una cugina suora gli apre quasi a caso la strada del Carmelo e così si ritrova a luglio 2003 nel convento di Nkoabang, a percorrere la piccola via della fiducia incondizionata in Dio che Teresa di Lisieux ha tracciato e sulla quale Jean sembra volare, come se davvero al Carmelo da sempre Dio lo avesse atteso e sempre l’avesse voluto. 

Qui sono talmente contenti della sua maturità spirituale e dei suoi continui progressi che da aspirante lo promuovono postulante dopo appena undici mesi, ma nel momento in cui si prepara alla partenza per il noviziato in Burkina Faso compare sul ginocchio destro un ascesso, da subito diagnosticato come un tumore maligno. Inutili le cure e le sedute chemioterapiche, il 18 novembre 2004 occorre provvedere all’amputazione, che Jean affronta con un coraggio fuori del comune, affermando che “in fin dei conti il Signore gli chiede soltanto il dono di una gamba che ormai non serve più”.  Con il proposito che nessuno tra quelli che lo avvicinano deve andarsene via triste, “preferisce donare la gioia”, anche quando lo portano in Italia, prima a Legnano, poi a Candiolo. Attira i giovani come una calamita, tutti sono ammirati della sua forza e della sua pazienza. L’8 dicembre 2005, con la dispensa di Roma fa la professione solenne nel suo letto d’ospedale: si accontenterebbe di essere anche solo “prete da carrozzina”, dispensatore della misericordia di Dio e uomo di preghiera, ma quando gli dicono che ormai i suoi giorni sono contati, dopo appena un attimo di smarrimento, conclude che “realizzerò la mia vocazione in Paradiso, ma non sarà una pioggia di rose come quella di santa Teresa. Io farò scendere un diluvio di vocazioni sul Carmelo e sulla Chiesa”.

Muore il 5 gennaio 2006 in concetto di santità.

Il processo diocesano sulla "vita, virtù e fama di santità" è stato aperto presso l'Arcidiocesi di Milano il 15 febbraio 2013 e si è concluso il 9 settembre 2014. Il 24 novembre 2017 è stato concesso il decreto di validità.

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